Meccanismo cerebrale degli acufeni o tinnitus

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 09 ottobre 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Gli acufeni o tinnitus sono un sintomo consistente nella percezione soggettiva all’interno dell’apparato acustico di un suono spesso simile a quello di un campanello, con una nota acuta ripetuta o tintinnante, altre volte come un fischio, un suono-segnale, un sibilo o un fruscìo che, nella maggior parte dei casi, è indice della perdita dell’equilibrio inibitorio centrale che normalmente reprime i suoni inferenziali generati nella coclea[1]. Nella massima parte dei pazienti è un sintomo che segue la perdita di udito e può essere così frequente e intenso da interferire con la concentrazione e disturbare il sonno, generando stress che determina irritabilità e conseguenze psicopatologiche fino alla depressione, in presenza di fattori predisponenti o concausali.

In clinica neurologica, in presenza di acufeni, è opportuno seguire uno specifico protocollo diagnostico per l’accertamento della causa perché, sebbene ci si trovi spesso di fronte a forme idiopatiche, talvolta è il sintomo di un neuroma dell’acustico; i farmaci antimalarici derivati dal chinino e i salicilati alle alte dosi impiegate nel trattamento dell’artrite reumatoide sono le possibili cause iatrogene note da più tempo. Non di rado gli acufeni hanno frequenze alte, alle quali un apparato acustico leso non è più sensibile; in questi casi, tradizionalmente, si attribuisce la genesi dei suoni all’ipersensibilità da deafferentazione del sistema nervoso centrale, secondo un fenomeno simile a quello dell’arto fantasma, cioè del dolore riferito a un arto che non si ha più. Ma, vediamo qual è la prospettiva attuale.

Attualmente la genesi degli acufeni è studiata principalmente analizzando i processi che hanno luogo nelle aree acustiche corticali (come l’area 41 del lobo temporale). In quanto l’encefalo umano funziona in modo bayesiano per minimizzare l’incertezza riguardo gli stimoli esterni, il cervello deafferentato può generare acufeni nel tentativo di riempire il vuoto dell’informazione uditiva mancante, come nel caso della perdita di udito. Sappiamo che però non tutti coloro che hanno perdite più o meno rilevanti della capacità uditiva sviluppano questo sintomo. Dunque, il confronto fra pazienti con perdita di udito che avvertono suoni endogeni e pazienti ugualmente affetti da riduzione della capacità acustica che non presentano sintomi, fornisce un’opportunità unica per l’identificazione delle aree cerebrali criticamente implicate nella produzione sei suoni fantasma.

Sang-Yeon Lee e colleghi hanno seguito questo approccio in uno studio che è giunto a conclusioni veramente interessanti.

(Lee S-Y., et al., Is the posterior cingulate cortex an on-off switch for tinnitus? A comparison between hearing loss subjects with and without tinnitus. Hearing Research Epub ahead of print doi: 10.1016/j.heares.2021.108356, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Otorhinolaryngology – Head and Neck Surgery, Seoul National University, Seongnam (Corea); Department of Electrical and Computer Engineering, Seoul National University, Seoul (Corea); Unit of Neurosurgery, Department of Surgical Sciences, Dunedin School of Medicine, University of Otago, Dunedin (Nuova Zelanda); Lab for Clinical & Integrative Neuroscience, Trinity College of Neuroscience, Trinity College, Dublin (Irlanda).

Sang-Yeon Lee e colleghi hanno posto a confronto lo studio elettroencefalografico allo stato di riposo di pazienti con perdita di udito e tinnitus (HL-T, da hearing loss with tinnitus) con quello di pazienti con perdita di udito ma senza acufeni (HL-NT, da hearing loss no tinnitus) per identificare i contrassegni oscillatori corticali indicanti i prerequisiti specifici per lo sviluppo di acufeni in soggetti con perdita di capacità percettiva acustica.

A questo scopo sono stati inclusi nel protocollo sperimentale 65 volontari HL-NT e 65 HL-T il cui grado di acufene al tinnitus handicap inventory faceva registrare un punteggio inferiore a 16 (grado 1) per minimizzare la bias dovuta ai cambiamenti di attività corticale indotti da distress.

I soggetti nei gruppi HL-T e HL-NT erano corrispondenti in termini di soglia uditiva bilaterale (0.25-8 kHz) usando il metodo nearest neighbor.

Confrontato al gruppo HL-NT, quello HL-T presentava un’attività significativamente più alta nell’area para-ippocampale di destra per la banda di frequenza beta 1, nel lobulo parietale inferiore (IPL) di sinistra per la banda di frequenza beta 2 e nel lobulo parietale inferiore (IPL) di destra per la banda di frequenza beta 3 e per quella di frequenza gamma.

L’analisi di connettività funzionale ha rivelato che il gruppo HL-T aveva una connettività significativamente più alta di quella del gruppo senza acufeni tra i due giri para-ippocampali e l’IPL di destra per la banda di frequenza delta, e tra la corteccia cingolata posteriore di sinistra (PCC) e l’IPL di destra per la banda di frequenza beta 2.

Questi risultati suggeriscono che il tinnitus può essere percepito solo se la memoria uditiva immagazzinata nel para-ippocampo è attivamente connessa al “circuito di arresto” basato sul sistema neuronico di IPL, e che il segnale del “circuito di arresto” è connesso con la rete di default (DMN, da default mode network) basata sulla PCC.

In tal modo, quando il “circuito di arresto” tratta gli acufeni secondari a deafferentazione periferica come un evento saliente e poi la DMN riguarda gli acufeni come norma, i soggetti con perdita di udito possono coscientemente percepire il sintomo.

In conclusione, quanto emerso da questo lavoro rifinisce ulteriormente il modello bayesiano proposto recentemente e decifra il meccanismo neurobiologico per lo sviluppo selettivo degli acufeni nelle persone con perdita di udito.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-09 ottobre 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 17-06-17 Circuito nel sistema uditivo elimina i suoni autoprodotti e Note e Notizie 12-05-04 L’orecchio emette suoni.